martedì 30 settembre 2008

Daniela Santanchè se n'è andata...ma ne siete sicuri?

Se ne va, non se ne va. Si dimette, ma solo dall’incarico. A leggere gli articoli di certi quotidiani la risposta è una sola: Daniela Santanchè se ne è andata. Facile a dirsi. Ma la realtà è ben altra cosa. Una realtà che è chiara soltanto agli addetti ai lavori. Daniela Santanchè è molto abile con i media. Questo lo abbiamo sempre saputo. E proprio perché abile ha cercato di sfruttare al massimo questa sua capacità e, soprattutto, le sue conoscenze.Del resto è innegabile che un conto è dimettersi da un incarico di portavoce, che nei fatti non ha mai espletato se non per esternazioni o dichiarazioni personali, altro è lasciare ufficialmente un partito. E lei, e le persone che a lesi fanno riferimento, non lo hanno ancora fatto.Così come non risulta da nessuna parte il ritiro ufficiale della sua mozione congressuale che di fatto partecipa, seppur senza ottenere voti, ai congressi provinciali che si stanno svolgendo da sabato scorso in tutta Italia.Insomma, ancora una volta manca la chiarezza da parte sua. Certo, sono pienamente convinto che Daniela Santanchè abbandonerà La Destra nella speranza di tornare nell’alveo del Pdl. Questo è innegabile. Come è innegabile che gli iscritti al partito la stanno “punendo” per aver pensato e messo nero su bianco nella sua mozione congressuale l’idea e la volontà di sciogliere ciò che era nato un anno fa per confluire in un partito contenitore come il Pdl. Per carità, ognuno è libero di pensare e fare ciò che vuole, la democrazia è bella anche per questo, ma appare sempre più evidente che tutto quello che ha detto e fatto in campagna elettorale aveva un solo scopo: prendere per le redini un partito e traghettarlo all’interno di un altro soffocandolo. Una sorta di infanticidio, forse dato dal fatto che Daniela Santanchè non è stata una di quelle della prima ora. Si è guardata bene dall’abbandonare colui che ha bombardato e distrutto la casa del padre (ora l’ha definitivamente rasa al suolo) se non dopo essere stata messa alla porta.Chissà quale partito pensava fosse La Destra. Di certo non è quello che Lei ora, in maniera rancorosa descrive. Non è certo un partitino di estrema destra, non è certo nostalgico e con il torcicollo, non è certo antico. Anzi è l’esatto contrario di quel che afferma. E lo sa perfettamente. E’ un partito che non rinnega ma non restaura, è un partito che guarda al futuro perché poggia le sue basi su fondamenta solide. E’ un partito che ha avuto molta, tanta pazienza, soprattutto con Lei. E’ un partito che concilia diverse anime e che, allo stesso tempo non nega la possibilità di alleanze con altri soggetti politici, come Lei invece cerca di far capire. Ma le alleanze si fanno in due e, soprattutto, nel rispetto delle identità altrui. Noi una identità, delle radici, una storia ce l’abbiamo e non ci rinunceremo certo per una poltrona od un piatto di lenticchie. E non saranno certo 50 dirigenti, ammesso che lo siano perché a noi non risulta essere così, che possono fare una scissione. Ammesso e non concesso che queste siano le cifre, da lei indicate per altro, si tratterebbe del 3% del partito. Ben poca cosa da portare in dote a Berlusconi. Ed è forse qui l’arcano della improvvisa (ma nemmeno tanto) scelta delle dimissioni. Come ogni buon politico Daniela Santanchè ha cercato di prendere la guida del partito, il che è legittimo e nessuno può contestarlo. Ma il momento in cui è uscita la mozione si è resa conto di aver sbagliato strada. Nessun militante o iscritto che si rispetti può accettare la sua morte o deportazione in un luogo dove non vuole andare. Santanchè ha sbagliato i calcoli, forse anche in assenza di una sua centralità ed identità politica che invece caratterizza La Destra ed i suoi iscritti. Questo l’errore più grande e grave da Lei commesso. Di qui la sua naturale sconfitta che si profila nei congressi provinciali. Altro errore quello di asserire di essere un capo popolo, anzi il capo popolo della destra che è riuscito a portare al patito 1 milione di voti. Una esagerazione di non poco conto che dimostra la sua non conoscenza del mondo della destra che non è certo quello salottiero o gossipparo. La Destra, quella vera, quella che non è di plastica, quella che se ne frega delle poltrone in parlamento e si mette in gioco sapendo di poterne uscire sconfitta, è altra cosa dal suo modo di essere e pensare. Ma non per questo la condanno, ci mancherebbe pure. Ognuno è quel che è ed è giusto che sia se stesso. Ma la destra è altra cosa, è sangue, sudore, lacrime, morte, gioia, comunità, valori condivisi fino allo stremo, è sociale, è popolo. E’ quella alla quale hanno provato a tagliare la testa tante volte… ma non ci sono mai riusciti…mai. La destra italiana è anche quella dei salotti e della società bene, ma solo in minima parte. Ma quella destra non vota certo per noi, e chi lo fa è perché pur nel suo agio riconosce in noi una via ideale. Quindi la Destra è rancore? No, nel modo più assoluto. Il nostro odio, il nostro rancore lo abbiamo esaurito, prosciugato assieme alle tante lacrime di rabbia versate anni fa quando per le strade si moriva, quando si difendevano sezioni ed ideali, quando ti cacciavano dalle scuole e dalle università a calci nel culo. Per questo non le portiamo rancore. Ma anzi auguriamo buona fortuna a Lei e a chi penserà di seguirla perché crede che quella sia la strada più facile, la più giusta, la migliore. Vada dove vuole, ci auguriamo per Lei che l’accettino. Ma se così non fosse, se non sarà accolta a braccia aperte sotto le insegne berlusconiane, allora dovrà dimostrare ai suoi seguaci e soprattutto a se stessa, quanto vale nel mondo politico italiano e quello che sarà in grado di fare. Nel frattempo La Destra ha ben altro da fare: costruire il suo futuro e quello di una Italia più giusta. Nel frattempo La Destra deve svolgere un congresso nazionale e deve scendere in piazza. Quando poi, si scioglierà l’amletico dubbio della sua definitiva fuoriuscita dal partito, ci sentiremo tutti più Liberi.
Stefano Schiavi

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